MEMENTO CHERNOBYL

 

Questa pagina web non c’entra con la letteratura, oggetto del mio sito. O meglio, c’entra in quella misura in cui l’impegno civile si coniuga con l’essere scrittore, con l’amore per l’umanità e per questa Terra che la ospita. Mi piacerebbe che tutti gli scrittori, piccoli (come me) o grandi che siano, aderissero alla mia iniziativa e nei loro siti si dichiarassero “scrittore denuclearizzato”. Un po’ come hanno fatto in passato molti Comuni italiani con i cartelli stradali all’ingresso del loro territorio. Il nucleare non è necessario. Non vogliamo un’altra Chernobyl.

 

 

Nel novembre 1987 votai NO al referendum sul nucleare in Italia. Sapevo di aver fatto una scelta coraggiosa. E soprattutto giusta. Il 26 aprile 1986 era esploso il reattore nucleare di Chernobyl. I più giovani non sanno cosa voglia dire. Cosa significhi sentire i contatori Geiger gracchiare e registrare radiazioni che provengono da migliaia di chilometri di distanza. È la prova che non è soltanto una teoria, che l’onda invisibile esiste davvero e soprattutto che non puoi fare nulla per fermarla. I più giovani non sanno. E l’opinione pubblica ha memoria breve.

Qui sotto seguono alcune fotografie che parlano da sole.

 

Una cosa mi colpì allora, al di là dei danni biologici che si manifestarono sulla popolazione di Chernobyl e che continuano a manifestarsi a distanza di anni: fu l’eroico slancio delle squadre d’emergenza che intervennero immediatamente dopo l’esplosione nonostante la consapevolezza di essere votate alla morte. Furono uccise dalle radiazioni in poche ore, tra atroci sofferenze. Il loro sacrificio servì a limitare il disastro ma non a fermare le morti. Dal 1986 al 2002, la popolazione che all’epoca dell’incidente era compresa nella fascia 0-18 anni sviluppò 4.000 casi di tumore della tiroide imputabili direttamente all’esposizione allo iodio 131. Si stima che nell’arco di 80 anni nella zona di Chernobyl si verificheranno 4.000 decessi per tumori e leucemie. Questo secondo alcune fonti. Altre fonti sostengono che nella sola Bielorussia, verso cui la notte dell’incidente i venti spinsero enormi quantitativi di sostanze tossiche, i casi di tumore attribuibili alle radiazioni sarebbero arrivati a  270.000. Le cifre, come sempre in queste circostanze, sono contraddittorie ma comunque impressionanti.

 

E il famigerato reattore? Attualmente è sepolto sotto un sarcofago di 300.000 tonnellate di cemento e 100.000 tonnellate di strutture metalliche ma questo non arresta le reazioni a catena delle 135.000 tonnellate di uranio, plutonio e degli altri elementi pesanti che si trovano al suo interno.

 

La gente ha dimenticato Chernobyl. Si dimentica in fretta, quando ci sono degli interessi. Ebbene, a distanza di vent’anni, nonostante un referendum che bocciò il nucleare in Italia, nonostante non si sappia esattamente che fine abbiano fatto le scorie delle vecchie centrali smantellate, ci vogliono far credere indispensabile il ritorno al nucleare.

 

Ci vogliono far credere che i reattori di ultima generazione siano diversi da quelli di Chernobyl. Che è come dire che il motore a scoppio di un automobile di ultima generazione abbia principi completamente diversi da un motore a scoppio di vent’anni fa.

 

Ci vogliono far credere che l’uranio sia inesauribile. Che le scorie radioattive verranno smaltite come Dio comanda – in una nazione dove non sappiamo neppure smaltire i rifiuti urbani.

 

Ci vogliono far credere che non esistono alternative alle centrali nucleari. Certo, non esistono alternative più redditizie per chi le costruisce: l’energia eolica e l’energia solare richiedono meno investimenti, ergo un più ridotto giro d’affari, senza materie prime da acquistare (come l’uranio) né rifiuti tossici da smaltire, insomma senza l’indotto che vortica attorno.

 

Ci vogliono far credere che l’aumento del fabbisogno sia sinonimo di benessere e di sviluppo, quando basterebbe piuttosto obbligare a una limitazione degli sprechi. Esistono in commercio, ad esempio, lampade di nuova concezione che a parità di luce consumano l’80 per cento in meno di elettricità e durano almeno il doppio. Guardate invece un centro commerciale: niente finestre o finestre insufficienti, ovunque fari faretti illuminazioni alogene da accecare, aria condizionata da habitat artico, supermercati con congelatori senza porte, cartelloni pubblicitari retroilluminati e scorrevoli, eccetera.

 

Ci vogliono far credere che i produttori di energia non riescono a supplire al fabbisogno, quando in realtà vogliono incrementare la produzione soltanto per incrementare i guadagni.

 

Il guaio è che basta poco per convincere l’opinione pubblica della ineludibile necessità delle centrali nucleari in Italia: aumentare le bollette e interrompere le forniture. E chi ci governa – rosso o nero che sia – sa anche questo.

 

Prepariamoci dunque a future campagne di continui “stacchi” energetici, a minacce di aumenti spropositati, a lamentele di gente esasperata che sarà costretta a dire: Ma sì, costruiamo queste benedette centrali e non se ne parli più!

 

Teniamo duro, invece. Alziamo gli scudi della denuclearizzazione. Riduciamo gli sprechi e puntiamo su energie alternative – ma seriamente. L’interesse di pochi non può mettere a rischio la salute di un intero Paese. Memento Chernobyl.

 

Romano A. Fiocchi

scrittore denuclearizzato

 

giugno 2008

 

 

Nota:

- Memento Chernobyl è uscito anche sul periodico “Proposte”, dicembre 2008

- Le fotografie sono state reperite in rete. Vista la finalità, le ho ritenute di libero utilizzo.